
IL REDENTORE (foto pexels)
Ultimi giorni di vita del Redentore.
Come andarono i fatti.
© Alfredo Gallerati
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–Sabato Santo –
Il Deuteronomio, cioè la storia degli ebrei, vietava di interrompere il riposo della notte di sabato per seppellire le salme dei defunti ma vietava agli stessi defunti di essere lasciati sul patibolo per tutta la notte.
Era quindi necessario sistemare tutto, in due o tre ore; poi chiedere a Ponzio Pilato di troncare le gambe ai tre crocifissi e quindi finirli. Dopo di che sarebbero stati seppelliti in tutta fretta. Mentre Pilato diede consenso per praticare questa ulteriore procedura sui cadaveri; arrivarono alcuni soldati che spezzarono il silenzio a colpi di una mazza in legno… Mentre il buon ladrone Disma, vedendoli arrivare, con una pace infinita chiuse gli occhi e raggiunse il suo Maestro; l’altro ladrone Gesta spirò con la bocca carica di bestemmie. Così, i soldati esecutori arrivati sotto la croce di Gesù videro che era morto. Il rispetto che, questo Maestro li ispirava e la vista di Sua Madre, evitarono di spezzargli le gambe. Ma uno di loro, con una lancia, gli trafisse il cuore.
Al termine dei questa ultima esecuzione, era necessario un consenso di Pilato per seppellire i cadaveri dei suppliziati.
A quel tempo, i romani lasciavano parecchi giorni i cadaveri sulle croci, abbandonati ai cani, alle iene, agli avvoltoi. Dopo procedevano a bruciarli; quindi i loro resti venivano buttati via nelle immondizie. I sinedristi si agitavano davanti al Pretorio, mentre arrivò Giuseppe d’Arimatea che a gran voce reclamava il corpo di Gesù per andare a seppellirlo. Quindi Pilato, sereno di dare una serena risposta alla voce della sua coscienza, diede consenso. Quindi, certamente stupito di una così immediata morte, egli chiamò il centurione di turno e gli chiese se Gesù fosse morto da tempo. A questo, il centurione rispose che Gesù era ormai spirato alle tre. In quel momento erano circa le cinque del pomeriggio.
Pilato accettò la richiesta di Giuseppe d’Arimatea che tornò al Calvario. Il suo giardino confinava con il Golgota ed egli aveva fatto scavare nella roccia alta circa quattro metri, una tomba per sé stesso. Quel nuovo sepolcro lo offriva a Gesù. Intanto Nicodemo aspettava in cima al Calvario e, per l’imbalsamazione, portava con sé, un miscuglio di circa cento libbre di mirra ed aloe.
Aiutato da Nicodemo, da Giovanni ed altri servi, Giuseppe, appoggiata la scala davanti alla croce, strappò i chiodi e con le corde calarono giù il cadavere. Prima lo posarono sulla pietra dell’unzione, al centro del giardino dove c’erano fiori e con le corde, calarono giù il cadavere. Lo hanno deposto sulla pietra dell’unzione, al centro del giardino mentre pigolavano cardellini di primavera. Non c’era tempo per curare una imbalsamazione. Le pie donne si accontentarono senza lavare le ferite e togliere le spine dai capelli ma deposero due pacchetti di erbe aromatiche sulle spalle. La testa era invece coperta da una sorta di cuffia legata sotto il mento. Avvolsero quindi il corpo in alcune bende e in un sudario che aveva portato Giuseppe di Arimatea.
Il sepolcro era a circa 25 metri dal Golgota ed oggi si trova nella Basilica del Santo Sepolcro che fu costruita da Elena (madre dell’Imperatore Costantino I°), poi restaurata dai Crociati.

Per tradizione, i servi buttavano le croci dentro una casa abbandonata che era dietro il Golgota e trasportavano via i cadaveri. Intanto il sole tramontava e si udivano diversi squilli di trombe per annunciare che era ormai sabato.
Nel crepuscolo, Maria madre di Gesù, un gruppo di pie donne, Giovanni, Nicodemo e Giuseppe di Arimatea, tra lacrime e singhiozzi, si allontanarono dalla città. Solo le pie donne galilee, si fermarono qualche istante per osservare il luogo della deposizione del corpo di Gesù, sicure di tornare al termine del riposo sabatico e forse per terminare l’imbalsamazione.
Tornate a casa, le galilee prepararono perciò, profumi e aromi. Ma quando tornarono rimasero allibite e straziate perché, nel sepolcro, Gesù non c’era più.
Il sabato, grandi sacerdoti e farisei, in piena agitazione si riunirono e decisero di tornare da Ponzio Pilato.
In ossequio a Pilato, arrivati da lui dissero: < Ci siamo ricordati che quell’impostore aveva detto quando era in vita “Dopo tre giorni, risusciterò”. Quindi date ordini che la sua tomba sia vigilata fino al terzo giorno, perché temiamo che i suoi discepoli vengano a portarlo via e poi dicano al nostro popolo che è risuscitato dai morti >.
Pilato rispose:< Avete già una guardia. Andate ed osservatelo come sapete fare>.
Il terzo giorno, successivo al venerdì, cioè la mattina di Pasqua, Gesù risuscita. La sua anima umana si unisce di nuovo al suo corpo, proprio come accadrà di ognuno di noi.
Tutti noi siamo sui passi del cammino del nostro Redentore!