

La musica come arte capace di superare i limiti, gli orizzonti e lenire le ferite dell’anima. La musica come religione, anzi come dio. Che sostiene nei momenti più dolorosi librandoci al di là del momento di contingente dolore per toccare l’eternità.
E’ la scelta della Fondazione Arena di Verona che partecipa con il concerto da camera Quatuor Pour La Fin du Temps alle commemorazioni dedicate al 27 gennaio, Giornata della Memoria. Sono passati 80 anni da quel giorno quando anche i più refrattari dovettero affrontare e rabbrividire di fronte alla capacità dell’umano di creare orrore. Ad aprire il pomeriggio presso il Teatro Filarmonico un estratto del documentario di Malcolm Clarke The Lady In Number 6: Music Saved My Life dedicato a Alice Hertz-Sommer, pianista praghese internata nel campo di concentramento di Theresienstadt e sopravvissuta grazie alla musica. Una donna irriducibile, indomabile, inguaribile ottimista amante della vita che ha goduto fino a 109 anni. Ogni cosa era un dono per lei, ma soprattutto lo era la musica. Fare concerti rendeva sopportabile la realtà del campo, il male, quasi atteso pur di liberare le note.
E il sogno della musica si è concretizzato con il concerto Quatuor Pour La Fin Du Temps di Olivier Messiaen, prigioniero anche lui ma nel campo di Görlitz. Era il 15 gennaio 1941 quando l’autore lo eseguì con tre amici, prigionieri come lui. Tutti sopravvissuti poi alla guerra, continuando a seguire la passione per la musica. I quattro però non si incontrano mai più. Eppure quella sera, con una temperatura di quindici gradi sottozero, il quartetto si esibì davanti ad un pubblico di 5000 prigionieri. Con strumenti imperfetti riuscirono a sciogliere i confini linguistici e geografici tra gli ascoltatori.
Il quartetto formato da Andrea Dindo (pianoforte), Quentin Capozzoli (violino), Sara Airoldi (violoncello) e Giampiero Sobrino (clarinetto) hanno dato vita attraverso le loro note al tempo di Messiaen. L’origine dell’opera viene dall’Apocalisse di Giovanni da cui riprende l’immagine dell’Angelo che impersonifica la fine del tempo. Ma fu lo stesso autore a spiegare che “si conosce male l’Apocalisse se vi si vede soltanto un accumulo di cataclismi e di catastrofi; l’Apocalisse contiene anche luci grandi e meravigliose seguite da silenzi solenni. D’altra parte il mio scopo iniziale era l’abolizione del Tempo”, del tempo lineare come del tempo dell’eterno ritorno eracliteo, “tempo nemico dell’anima!” a cui “si contrappone il Tempo senza tempo, libero, luminoso, svettante, del canto immutabile da sempre e per sempre degli uccelli”. La musica è l’arte in grado di trascendere il tempo meccanizzato per aspirare all’eternità (come è chiaro segnale il numero simbolico di 8 movimenti).
Le note che si librano nella Sala Filarmonica accarezzano il pubblico che però non si abbandona del tutto alla speranza, che per Messiaen era rappresentata proprio dagli uccelli, perché sono “il contrario del Tempo; sono il nostro desiderio di luce, di stelle, di arcobaleni, di vocalizzi giubilanti”. La dolcezza viene interrotta da suoni stridenti che si incollano quasi alla pelle e forse ci ricordano che l’orrore è sempre in agguato. La bellezza però è il dono dell’oltre e dell’altrove.