

Una trama avvincente tra ironia e colpi di scena la pièce è ambientata nella pasticceria Bellavista, storica attività napoletana gestita dai fratelli Ermanno e Giuditta, oppressi dalla presenza ingombrante della madre, una donna inferma ma autoritaria, che comunica con loro attraverso un megafono. Il controllo materno si estende anche alla loro vita sentimentale: Ermanno è legato in segreto a Romina, una fornitrice stanca della clandestinità, mentre Giuditta è fidanzata con Aldo, un pasticcere interessato più all’eredità che ai sentimenti. L’intreccio si complica quando si scopre che Ermanno ha subito un trapianto di cornee grazie all’intervento di Aldo, il quale si è rivolto al losco dottor Rupelli, coinvolto in un traffico di organi.
Il donatore si rivela essere Carmine, un ex attore teatrale ridotto a vivere per strada, che, accompagnato dai barboni Memoria e Gelsomina, si presenta in pasticceria per chiedere “indietro i suoi occhi”. Mentre la situazione precipita tra ricatti e rivelazioni, il negozio si svuota a causa della presenza ingombrante dei tre clochard. Nel frattempo, le dinamiche sentimentali si complicano ulteriormente: Romina scopre di essere incinta di Ermanno, così come Giuditta e Rosa, una dipendente della pasticceria, anch’esse in dolce attesa. Un finale grottesco e sorprendente Di fronte alle tensioni familiari e alle difficoltà economiche, Carmine propone un piano diabolico per liberarsi della madre: prepararle una torta caprese letale, arricchita con un mix di ammoniaca e una misteriosa droga siciliana.
Il piano viene messo in atto, e la vecchia signora muore tra le urla nel megafono. Ma il colpo di scena finale lascia il pubblico senza fiato: Carmine si appropria della voce dell’anziana defunta, lasciando intendere che il suo spirito si sia impossessato del suo corpo, sbeffeggiando i due fratelli che pensavano di essersene finalmente liberati. Un’opera che mescola umorismo e noir “Premiata Pasticceria Bellavista” è un perfetto esempio del teatro di Vincenzo Salemme, capace di mescolare comicità, dramma e paradossi grotteschi. La regia di Giuseppe Miale di Mauro valorizza ogni sfumatura della commedia, che alterna momenti di pura ironia a situazioni surreali e noir. Il tutto è impreziosito dalla bravura degli attori, capaci di rendere vivi personaggi complessi e ricchi di sfaccettature. Uno spettacolo da non perdere, che conferma ancora una volta la grandezza del teatro napoletano e la capacità di raccontare, con intelligenza e ironia, le dinamiche familiari e sociali della nostra epoca.
Mario Conforto