
Carmine Tundo

C’è una musica che non si limita a suonare, ma sussurra, brucia, accarezza, lascia il segno. Carmine Tundo ci ha abituati a queste emozioni, ma con il suo nuovo singolo solista “Dove ti porto?” — uscito il 25 giugno per Discographia Clandestina e distribuito da ADA/Warner Music Italy — va ancora oltre: firma una canzone che è carne viva, battito puro, cinema dell’anima.
Il brano non è solo una melodia: è una domanda sospesa, un richiamo, un approdo. “Dove ti porto?” non cerca di raccontare una storia d’amore come le altre: cerca di farcela vivere, nel profondo, tra tempeste emotive e carezze improvvise. È un’ode struggente al desiderio, quello vero, quello che scardina e salva.
Carmine canta come se avesse la sabbia del Salento sulla lingua e il vento di Porto Badisco nei pensieri. Ogni luogo che cita — Porto Selvaggio, l’Adriatico, lo Ionio — diventa un porto dell’anima. La sua voce si muove tra onde e ferite, tra eros e abbandono, mentre le parole disegnano sirene che stringono cuori spezzati, immagini potenti che restano impresse come fotogrammi in bianco e nero.
La produzione, firmata dallo stesso Tundo, è elegante, essenziale, piena di respiri. La tromba di Gabriele Blandini sembra venire da un film di Truffaut, i cori di Gaia Rollo si adagiano come spuma su una scogliera al tramonto, il mix di Peppe Petrelli e il mastering di Justin Perkins completano un quadro che ha il sapore del grande artigianato musicale. E quel “grazie” finale, quasi sussurrato, è un inchino all’ascoltatore, ma anche una dichiarazione di resa. Di bellezza. Di verità.
Carmine Tundo è un artista che conosce la forza della fragilità. Dai Cruska a Sanremo, da Romeus a La Municipàl, ha sempre attraversato la musica come un viaggiatore autentico, mai turista del sentimento. In questo nuovo capitolo solista, più che mai, mette a nudo se stesso e il suo mondo, raccontando un Salento vero, lontano dalle cartoline e vicino al cuore.
“Dove ti porto?” non è solo una canzone. È una rotta. Una carezza. Un tuffo. E come diceva Fellini, che di emozioni se ne intendeva: “Niente si sa, tutto si immagina.” Tundo lo immagina, lo canta, ce lo regala. E noi, grati, ci lasciamo portare.