
Sabato 19 ottobre Umberto Tozzi si è esibito all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna) con L’ultima Notte Rosa The Final Tour.
Il tour, che fra il 2024 e il 2025 arriverà a toccare tre continenti, rappresenta la “chiusura del cerchio” delle esibizioni live dell’artista, durato oltre 50 anni e costellato di brani – più di 80 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, alcuni dei quali interpretati in lingua straniera e portati al successo fuori dallo Stivale – che hanno contribuito a fare la storia della musica italiana.
All’evento eravamo presenti anche noi dopo aver raggiunto, non senza problemi, lo spazio dedicato. La pioggia, infatti, scendeva senza sosta già da qualche ora; ma, soprattutto, grondava su asfalto e terra con una costanza e una copiosità decisamente anomali.
Parcheggiata l’auto nei pressi dell’arena poco prima delle 21,00 ci siamo diretti verso l’entrata, con gli ombrelli quasi capovolti dal vento e i jeans letteralmente inzuppati.
Una volta entrati abbiamo ammirato il palco allestito, di fianco a noi: eravamo infatti seduti nel primo anello laterale.
Improvvisamente sono cessati il rumore della pioggia e la sgradevole sensazione di trovarci con i piedi in mezzo a una palude. Purtroppo solo il rumore; non i rovesci.
Ci aspettava il concerto di un cantante che ha segnato la colonna sonora della nostra vita, finora; avremmo urlato a squarciagola tutte le canzoni insieme a lui.
Sarebbe stata una serata indimenticabile.
In effetti, indimenticabile lo è stata ma non nel senso che avremmo inteso fino a poco prima della fine dell’esibizione.
Alle 21,20 il palco si è improvvisamente tinto di rosa. Su di esso, un’orchestra composta da 21 elementi oltre a 3 coristi era pronta a intonare il primo brano, Notte rosa.
Sull’incipit del brano l’artista è entrato in scena, fra grida di gioia e battute di mani.
Al termine, ha salutato il pubblico invitandolo ad accendere le torce dei cellulari e ad alzarli, al ritmo della celeberrima Ti amo, che nel 1977 – l’anno della sua uscita – rimase ai vertici delle classifiche per più di sette mesi, oltre a essere reinterpretato all’estero e a vincere l’edizione del Festivalbar; e il cui ritornello da quell’anno non ha mai smesso di rimbombare nella testa dei suoi fans.
È stata poi la volta de Gli altri siamo noi, classificatosi al quarto posto al Festival di Sanremo nel 1991 e dal testo, purtroppo, sempre molto attuale. Attuale come quello de Gli innamorati, dedicato alle coppie attuali e di un tempo.
Il festival della canzone italiana è tornato alla ribalta con l’interpretazione – seppur in assenza di Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri – de Si può dare di più, che vinse l’edizione del 1987.
Immensamente ha poi nuovamente riscaldato gli animi dei fans che hanno cantato con lui anche la meno recente ma conosciutissima Qualcosa qualcuno.
Alternandosi alla chitarra e al pianoforte, l’artista ha poi cantato Eva – fatta conoscere in America Latina grazie all’interpretazione di Ivete Sangalo –, Lei e Gente di mare, scritta e interpretata insieme a Raf nel 1987; per quest’ultimo il primo brano cantato in lingua italiana dopo i successi in inglese.
Prima di concedersi una breve pausa, Tozzi ha cantato insieme al suo pubblico ogni parola di tre brani indimenticabili e indimenticati: Io camminerò – che fu interpretato anche da Fausto Leali – Dimentica, dimentica e Donna amante mia; quest’ultima in una versione differente e molto raffinata.
Nella seconda parte del concerto, oltre ad Alleluia se, i fans hanno potuto ascoltare in anteprima un paio di brani inediti: Vento d’aprile e Torna a sognare. Come anticipato dall’artista, il primo è dedicato a una bambina scomparsa molto prematuramente a causa di una malattia e vuole essere un richiamo alla necessità di sostenere la ricerca scientifica in questo campo. Durante l’esibizione nell’arena si è respirata grande commozione.
Il grido ha poi preceduto Dimmi di no, Io muoio di te e Stella stai.
E proprio quando il pubblico cantava a gran voce, Tozzi è sceso dal palco lasciando spazio, inaspettatamente, al Sindaco di Casalecchio di Reno e al Vice Sindaco, entrambi vestiti con il riconoscibilissimo gilet della protezione civile.
Nell’arena si è vissuto un momento di panico, in una sorta di scena surreale che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato di vedere quella sera.
Matteo Ruggeri, con il sangue freddo che gli occorreva in quel momento, ha innanzitutto tranquillizzato i presenti sul fatto che si trovavano al sicuro, comprese le loro automobili. Essendoci stata un’alluvione nelle vicinanze nonché in alcune zone del centro di Bologna, dovuta alla pioggia persistente, ha comunicato con fermezza che avremmo dovuto trattenerci all’interno dell’Unipol Arena per un paio di ore dopo la conclusione del concerto; al fine di evitare l’intasamento di autoveicoli sulle strade già molto provate dagli eventi occorsi e per lasciarle libere per i soccorsi. Ha poi lasciato il palco nuovamente all’artista, per riprendere il coordinamento che lo stava impegnando da ore.
La nostra incredulità è divenuta immediatamente certezza nel momento in cui, cellulari alla mano, abbiamo constatato su Internet o tramite i messaggi di amici e parenti, che la situazione a Bologna metropolitana era davvero drammatica.
L’artista ha poi ripreso il concerto con la celeberrima Gloria – brano del 1979 e scelto per la colonna sonora dei film The Wolf of Wall Street e Flashdance – concludendolo con Tu che nel 1978 bissò il successo di Ti amo.
Purtroppo la spensieratezza che aveva aleggiato fino all’arrivo del sindaco ha fatto spazio all’angoscia – seppur non esternata più di tanto – per i fatti occorsi sopra le nostre teste senza che noi ce ne accorgessimo.
Il rientro a casa è stato, come potevamo immaginare, lungo e tortuoso. La pioggia non dava ancora tregua e le strade erano talvolta allagate; alcune uscite della tangenziale, chiuse. Intanto su tutti media – anche nazionali – la notizia di punta era quella dell’alluvione a Bologna.
Proprio Bologna, considerata nel nostro immaginario una città esente da problemi legati al meteo; ma che già in maggio 2023 aveva dimostrato di essere fragile come tanti altri territori. Ancora una volta il fiume Ravone era esondato, riempendo di acqua la zona confinante con la via Saffi e non soltanto; acqua che, in breve tempo, sarebbe divenuta fango che sotterra ogni cosa e la rende tutta della stessa consistenza e dello stesso colore.
Nemmeno la periferia era stata risparmiata dai torrenti che, con la loro irruenza, in una sorta di replica – ben più grave – dello scorso anno, avevano interrotto strade, ponti, sotterrato automobili, invaso case. Si contano più di tremila sfollati; a Pianoro (Bologna) Simone Farinelli, di soli 20 anni, è deceduto travolto dal fango mentre, con il fratello, si trovava in automobile.
Sono trascorsi appena tre giorni da questa ennesima alluvione. Cosa è restato? Purtroppo poco di ciò che è stato travolto dall’acqua. Ci vorrà tempo e tanta fatica per ripristinare la situazione ex ante. La rabbia dei cittadini, non soltanto verso il meteo, invece non passerà.