
Giuseppe Bonito regista
Gregorio Esposito, per tutti Gerri, è ispettore di polizia di origine rom, studia con metodo i casi su cui indaga, prende appunti complicati per poi lanciarsi in decisioni avventate a volte risolutive, altre pericolose; è sempre in bilico, tra presente e passato. Esercita un grande fascino sulle donne ad eccezione della vice ispettrice Lea Coen che sembra invece essere l’unica a non voler avere nulla a che fare con lui, intuendo che è un uomo ancora profondamente irrisolto. Infatti, dietro alla sua corazza di uomo affascinante e risoluto, Gerri nasconde un animo profondamente inquieto e segnato da un passato misterioso da scoprire. Prodotta da Cattleya – parte di ITV Studios – in collaborazione con Rai Fiction e in collaborazione con il ministero della Cultura-Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, in queste settimane stiamo vedendo su Rai1 “Gerri“, la serie tv che ha la firma di GIUSEPPE BONITO. Si tratta di un regista che si sta sempre più facendo conoscere riuscendo a unire il gusto degli spettatori e della critica. La sua regia per il piccolo e grande schermo si conferma una vera a propria garanzia.
Giuseppe, partiamo dall’inizio. Com’è nato “Gerri”? Non è stata un’idea mia. Quando ho letto le sceneggiature, ho detto sì con grande entusiasmo perché mi permetteva di trattare tematiche non da poco, come i legami problematici tra genitori e figli, il bisogno degli altri, la ricerca delle proprie radici, la conoscenza e l’accettazione di sé. Solo successivamente ho letto i romanzi dalla penna di Giorgia Lepore cercando di capire appieno quei sentimenti.
Protagonista indiscusso è Gregorio Esposito, perché piace così tanto? Come lo descriveresti? Non c’è una formula. Posso dire che Gerri non fa nulla per essere simpatico ed empatizzare con lo spettatore ma aggiungo che è autentico, esattamente con l’attore che lo interpreta, hanno lo stesso DNA. La produzione, la Rai ed io abbiamo accettato la sfida e la cosa non era scontata. Gerri compie indagini su tutti i casi che gli si presentano ma l’indagine più difficile è quella su se stesso: il bisogno di essere amato, il cercare le proprie origini e il senso dell’abbandono.
Il passato e il presente per lui cosa rappresentano? E l’amore? Il primo è qualcosa di incompiuto che va a condizionare il secondo. Conserva molto poco della madre; non è propriamente un donnaiolo perché di fatto sa stare con una donna ma quando diventa insoddisfatto preferisce scappare. La voragine affettiva che ha vissuto da bambino continua a viverla anche da adulto e la stessa domanda che lo tormentava da bambino lo tormenta anche da adulto: “Perché?”. Gerri adulto non ha ancora lasciato andare Gerri bambino, sa che deve trovare una risposta a quel “Perché?”, anche se dolorosa. Ha il volto di Giulio Beranek. Per quali motivi scegliere proprio lui? Ha superato ben sei provini ma sono sempre stato convinto che Gerri fosse solo lui. Dalla prima lettura aveva già il volto di Giulio, attore straordinario con un potenziale eccezionale, cresciuto in una famiglia di giostrai che ha un vissuto molto affine per tanti motivi al ruolo che interpreta.
Cosa ti auguri arrivi al pubblico di questa serie tv? Mi auguro che impari a voler bene a questa serie tv perché sprigiona sentimenti ed emozioni piuttosto forti ma anche molto graduali.
Il tuo nome è legato a progetti di forte successo, perché scegliere come mestiere proprio il regista? Sono consapevole di essere un privilegiato. Credo di voler dare un senso alla realtà molto insoddisfacente che mi circonda, facendo un gioco piuttosto serio.
Per te, il cinema e la fiction televisiva cosa rappresentano? Il mio approccio è lo stesso. Bertolucci sosteneva di girare un film come se il cinema fosse stato appena inventato, ecco è così anche per me.
Lo spettatore è sempre un elemento di riferimento nella realizzazione di un progetto.
Qualche anno fa è uscito “Figli”, scritto da Mattia Torre, prematuramente scomparso. Cosa ci rimane di lui?Un amico prezioso che è volato via con una morte troppo violenta. Avrò sempre una forte stima per lui, è il degno erede della commedia italiana. E’ una perdita enorme. Aveva la curiosità dei grandi in un mondo nel quale la gente è unicamente concentrata su se stessa.