
La dodicesima edizione del Bridge Film Festival quest’anno mette al centro già dal titolo Is There Anybody Out There? la violenza dei conflitti. Ed in questa ottica dedica una sezione al tema “La Resistenza al cinema. 80 anni di Liberazione“, grazie alla collaborazione con il Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona ed in particolare del prof. Alberto Scandola. Quattro le pellicole scelte che saranno proiettate al Teatro Satiro Off dal 9 al 12 luglio: La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini, La notte di San Lorenzo di Paolo e Vittorio Taviani, Paisà di Roberto Rossellini e per chiudere Una vita difficile di Dino Risi. Ad introdurre le serate Alberto Scandola e ospiti a sorpresa.
Non c’è la pretesa da parte dei promotori di esaustività, ma di proporre un quadro che problematizzi un periodo storico che non è ancora neutralizzato come si vorrebbe credere, dove l’italianità nel bene e nel male è scesa in campo e continua ad essere rimossa, in una dialettica sempre imperfetta e dolorosa tra l’ottimismo della volontà di cambiamento e il realismo ineludibile della concretezza del quotidiano. Con un imprescindibile occhio particolare alla diversità di stili e di uso della macchina da presa.
I lutti, le resistenze, la passività, la scelta (anche quando è una non scelta) di schierarsi, i piccoli egoismi, gli amori, la vita, la lotta quotidiana per la sopravvivenza, il cieco ottimismo acritico in un boom economico che creerà tante diseguaglianze, il tentativo di salvare tutto, per non approfondire e decidere cosa fare dei vinti: ci sono tutti i temi che ancora oggi, dopo 80 anni, si ripropongono con la stessa forza e criticità ai contemporanei, mentre i testimoni scompaiono e urge la ricostruzione storica ma anche artistica di chi ha voluto rappresentare e quindi dirigere lo sguardo che squarcia l’insieme. I film proposti non cedono alla facile demagogia dell’eroismo degli italiani contro l’invasore nazista. Lo spazio che sfida lo sguardo è quello della guerra fratricida, del costo di una scelta qualunque essa sia dove l’individuo è chiamato ad accettare la sua responsabilità. Sono tutte pellicole scomode, ognuna a modo suo. Basti pensare al dilemma che conclude il film della prima giornata: stringere la mano a colui che dall’altra parte ha ucciso il proprio padre come può essere interpretato? Conciliazione? Tradimento? Rassegnazione? Una breve presentazione delle opere del festival:
La lunga notte del ’43: opera d’esordio di Florestano Vancini, liberamente tratta dal racconto Una notte del ’43 della raccolta Cinque storie ferraresi di Giorgio Bassani. E’ il 1960, si comincia a fare i conti sul dopo, sulle contraddizioni e delusioni di quello che verrà considerato un boom economico tenendolo ben separato dalla decadenza etica e sociale che ne conseguirà. Il riferimento storico è l’eccidio che fu perpetrato dai fascisti a Ferrara nella notte del 15 novembre 1943, frutto del clima avvelenato e mai conciliato che subentrò alla firma dell’armistizio l’8 settembre dello stesso anno. L’ammissione della sconfitta nei fatti, la prepotenza di chi non poteva e non voleva ammetterlo. Il fatto: squadre fasciste mandarono a morte 11 oppositori del regime, come rappresaglia per l’assassinio del federale Igino Ghisellini, assassinato due giorni prima nei pressi di Bologna. Il film andò incontro da subito a problemi di distribuzione, tanto da prevedere un divieto ai minori di 16 anni.
Un modo di vedere e mostrare la realtà scomodissimo: sceneggiatura di Florestano Vancini in collaborazione con Pier Paolo Pasolini e Ennio De Concini!
La notte di San Lorenzo del 1982: Paolo e Vittorio Taviani tirano fuori un ricordo d’infanzia rimodellando a fini estetici. Da adolescenti il 22 luglio 1944 avevano assistito ad un eccidio nel Duomo di San Miniato. 55 persone, donne, bambini, uomini, anziani, vittime della guerra. Proprio il padre dei due registi, l’avv. Ermanno Taviani, volle fortemente una commissione d’inchiesta già nel 1944 (da cui poi si dimise). Secondo conclusioni di ricerche storiche pubblicate nel 2004 si trattò non della evidentemente programmata ma non compiuta rappresaglia da parte dei tedeschi che avevano fatto riunire i civili nel duomo, ma di “danni collaterali” provocati da un errore dei bombardieri americani. La cifra artistica dei Taviani è quella della fiaba, del racconto epico per raffreddare una materia probabilmente ancora troppo lavica nella loro memoria, ambientando peraltro la ricostruzione, volutamente non precisa e puntuale, non del tutto accettabile dal punto di vista razionale, in un appartamento moderno che si affaccia su Firenze.
Paisà: Roberto Rossellini nel 1946, mentre la Storia si srotolava nelle storie, porta sugli schermi l’incontro delle popolazioni italiane con gli alleati americani che dalla Sicilia risalgono lo Stivale. Diffidenze, difficoltà linguistiche, condizioni di precarietà e sofferenza attraverso l’occhio del maestro neorealista che in sei episodi dà risalto alla volontà e fondamentale importanza della scelta di abbandonare la passività per abbracciare un’ideale di libertà da parte degli italiani divisi da limiti regionali e linguistici che trovano nella causa un punto di unione. Il dialetto come peculiarità che non inficia il percorso comune nel riconoscimento dei diritti ad esistere di ogni essere umano.
Una vita difficile di Dino Risi. Nessuno forse meglio di Alberto Sordi avrebbe potuto portare sulle proprie spalle in pellicola risultando del tutto convincente il peso della contraddizione, l’italiano piccolo piccolo che moralmente sfida l’italiano medio, cerca di resistere alle tentazioni, deve fare i conti con la realtà del disincanto e dell’opportunismo, prova a trovare un punto d’equilibrio tra il proprio io ideale (che lo aveva portato tra le file dei partigiani comunisti) e l’io adulto in una società (della sbornia abbagliata economica) che pretende di essere vincenti almeno nell’immagine esteriore (a cominciare dall’automobile). Ad affiancarlo nel ruolo della moglie Lea Massari, oggi scomparsa.
Ad aprire mercoledì 9 luglio alle ore 17:30 la rassegna il prof. Alberto Scandola, l’A.N.P.I., l’Istituto Veronese per la Resistenza e l’assessore comunale Jacopo Buffolo. Saranno proiettate anche immagini d’archivio relative all’armistizio dell’8 settembre 1943 e alla guerra civile italiana tra fascisti e antifascisti.