
Una rappresentazione unilateralmente rassicurante della realtà di guerra al Teatro Nuovo di Verona giovedì nel talk “Guerra e pace: geopolitica e competitività” organizzato dal gruppo editoriale Athesis. Una presa d’atto così realistica da diventare perturbante. La sala del teatro riservata per 11 delle 17 file agli ospiti di Fineco Bank è già chiaro indicatore del taglio degli interventi: i mercati, si sa, non amano l’emotività se non sono sicuri di come orientarla a proprio beneficio. Gli spettatori “altri” vengono ripetutamente sollecitati dalle hostess ad occupare posti da loro indicati in modo da rendere più semplice per gli operatori delle videoriprese mostrare il pienone. Formare ed informare: questo l’obiettivo dell’iniziativa, come spiega Massimo Mamoli (direttore L’Arena, Brescia Oggi e direttore editoriale Gazzetta di Mantova). E si riesce così bene a formare ovvero a dare una specifica forma all’incontro che a nessuno dei relatori sfugge il minimo accenno alle vittime in termini di vite umane negli attuali scenari di guerra così significativi per l’Europa: Russia-Ucraina, Israele-Palestinesi, Israele-Iran, Usa-Iran. Evitando di ricordare le guerre che continuano a dilaniare il continente africano che invece apparirà nel talk per altri motivi. Oggi sarebbero 56 le guerre attive sul globo terrestre con il coinvolgimento di almeno 92 paesi. E le vittime? Danni collaterali o dettagli di alcuna importanza per la finanza? Un fatto è certo: in due ore di interventi non c’è un accenno ai morti, ai mutilati, ai feriti. La preoccupazione è per criticità nella circolazione via mare delle merci con il blocco dei canali, i dazi, il calo della produzione, la recessione (vd. Germania).
La scelta linguistica è strumento che smaterializza il reale per ridurlo a dinamiche di ordine superiore dove l’individuo comune, se entra in gioco, lo fa solo come componente anonimo della categoria “consumatori“. Altri agenti nel reale incontrollabile per il cittadino comune: imprenditori, finanza, superpotenze. L’orizzonte che emerge a fine talk: con fiduciosa rassegnazione si realizza che la situazione odierna ripropone quella del millennio scorso, precisamente il periodo prima dei due conflitti mondiali.

Tanto che è proprio il passato a bloccare alcune decisioni nel continente europeo come quella sull’esercito. L’Unione Europea è ed accetta il ruolo di subalternità rispetto alle due superpotenze, Usa e Cina, colpevole di continuare a pensare agli scambi di denaro in modo vecchio: l’economia per l’economia a differenza dei due contendenti reali che utilizzano (o vengono utilizzati) per aumentare potere e potenza attraverso la finanza. Putin entra e come in gioco: un terzo incomodo che viene tirato da una parte e dall’altra. L’Unione Europea se la può giocare al limite rispolverando la politica coloniale dal volto buono nel continente africano, in contrasto con la Cina, colonizzatore più cinico e spietato. Rotte commerciali, risorse, prospettive; le difficoltà sono da considerarsi temporanee e non così drammatiche come si potrebbe pensare perché alla fine anche gli iraniani non sono stupidi e non utilizzerebbero armi nucleari. Intanto si può attendere un certo declino della Cina per le sue scelte demografiche. Nessun problema (!?): il dio chiamato globalizzazione non viene messo assolutamente in discussione: si muovono pedine su una scacchiera che non ha volti ma solo dinamiche. Quindi cosa vogliono gli americani dall’Europa? Secondo l’analista geopolitico Fabbri è chiarissimo: la revisione del Digital Service Act. Sempre e comunque questioni di egemonia globale e ingerenza.

Sono intervenuti al talk: Carlo De Paoli (vicepresidente Confindustria Verona), Massimo Mamoli (direttore L’Arena, Brescia Oggi e direttore editoriale Gazzetta di Mantova), Mauro Mazza (giornalista e scrittore), Paolo Arena (presidente Confcommercio Verona), Marta Ottaviani (editorialista gruppo Athesis e scrittrice), Andrew Spannus (giornalista e analista politico), Andrea Pietro Faltracco (amministratore delegato gruppo Athesis), Dario Fabbri (giornalista e analista geopolitico), Ottavio Corali (Area Manager Fineco Bank), Lorenzo Fontana (presidente della Camera), Sabine Schultz (vicedirettrice editoriale di Neri Pozza). Proprio alla Schultz il merito di aver riportato sul palco il fattore umano, ricordando la necessità di mobilitarsi per l’intellettuale franco-algerino Boualem Sansal.

Già settantaseienne, a causa delle sue prese di posizione, il 27 marzo 2025 è stato condannato in Algeria a 5 anni di detenzione con l’accusa di «attentato all’unità nazionale, oltraggio a corpo costituito, atti lesivi all’economia nazionale e detenzione di video e pubblicazioni minaccianti la sicurezza e la stabilità del Paese». Ad oggi non si conosce la data del processo di appello. Il valore e pericolo delle sue idee per il potere anche nel suo ultimo romanzo distopico pubblicato quest’anno, Vivere. Il conto alla rovescia. Come anticipa la sinossi della pagina dedicata dalla casa editrice Neri Pozza: «La Terra sta per scomparire, punto, e l’umanità sarà evacuata da un’astronave inviata in suo soccorso da un’entità sconosciuta». Arriva un ultimatum dagli alieni: 780 giorni per evacuare ma non tutti si salveranno. Chi riceverà la visione che lo renderà degno di far parte del gruppo dei Chiamati per fondare una nuova società lontano dalla Terra? Senza dittatori, usurpatori, mafiosi, mascalzoni, quella rifondata si potrà veramente chiamare “umanità“? L’annunciato intervento in videocollegamento con il ministro degli Esteri Antonio Tajani non c’è stato.