Ottant’anni fa, Don Eligio lo uccisero così. Prima gli diedero il permesso di baciare il crocifisso, poi gli spararono. Non c’è un’anima tra Sesto Fiorentino e Calenzano che non sappia come è andato a morire quel povero prete. I tedeschi stessi, quasi con una strana punta d’orgoglio, lo raccontarono ai parrocchiani.
Prima di consumare il suo calvario sul monte Morello, don Eligio Bortolotti, parroco di San Jacopo a Querceto, ebbe il tempo di fare l’ultima cosa che lo avrebbe reso davvero un uomo di Dio: perdonare i suoi carnefici. Un attimo dopo, i suoi trentadue anni di vita, iniziati in una lontana valle di Trento, finirono sotto una raffica di mitra della Wehrmacht, in ritirata lungo la linea gotica. L’accusa? «Attività anti-tedesche», dissero. Ma la verità era che don Eligio si era macchiato della peggior colpa agli occhi degli occupanti: aveva aiutato e confortato i suoi parrocchiani, difendendoli davanti a quei soldati, lui che la lingua tedesca la conosceva bene. O forse, più semplicemente, pagò per uno sgarbo a qualche fascista del posto.
Verità ufficiali non ce ne sono, e probabilmente mai ce ne saranno. Ma che quel 5 settembre 1944 don Eligio fu torturato e poi freddato dai tedeschi è un fatto pienamente documentato.
Per commemorare la morte del sacerdote a ottant’anni dalla sua esecuzione, amministratori e abitanti dei comuni di Sesto Fiorentino e Calenzano hanno organizzato, per la mattina del sette settembre prossimo, un pellegrinaggio da San Jacopo, che fu la chiesa di don Eligio in territorio di Sesto, fino a Baroncoli di Calenzano, dove, sotto le mura di villa Daddi, il prete fu ammazzato. Il corteo si snoderà lungo il sentiero che il Club alpino italiano ha inaugurato l’anno scorso.
L’otto settembre vi sarà una messa in San Jacopo mentre alle 21 di lunedì 9, sul sagrato della chiesa di Querceto, la compagnia teatrale «I Sempreverdi», composta da oltre venti attori dilettanti di Sesto e Calenzano, metterà in scena uno spettacolo dedicato al sacerdote assassinato a Baroncoli.
La storia sacerdotale di padre Eligio comincia e finisce nella chiesa di San Jacopo di Querceto. Il giovane prete era al servizio della comunità nella frazione di Sesto Fiorentino già dal 1938. Nell’inferno dell’occupazione tedesca si prodigava assistendo i fedeli del territorio, interveniva mediando tra gli abitanti e gli ufficiali del Terzo Reich cercando di impedire esecuzioni, sentenze sommarie e inutili nefandezze. Un giorno, nei primi di settembre del ’44, i nazisti bussarono al portone della canonica, cercando proprio di lui, che però si trovava nell’abitazione di un parrocchiano, per dare i suoi conforti religiosi.
Nonostante fosse poi stato sconsigliato, don Eligio si presentò ugualmente al quartier generale tedesco di villa Zappalà. Qui, a seguito di accuse non chiare fu arrestato, torturato e portato a Baroncoli, località nel comune di Calenzano. Fu trucidato sotto le mura di villa Daddi, dove ebbe il tempo di perdonare i suoi carnefici: furono loro che, giorni dopo, riferirono gli ultimi attimi del sacerdote nato tra i monti trentini.
«Abbiamo lavorato per mesi allo spettacolo teatrale che terremo lunedì 9 settembre sul sagrato di San Jacopo – racconta Mario Berti, componente del consiglio pastorale della chiesa di Querceto -. Gli attori, tutti dilettanti e diretti dalla regista Erminia Del Prete, hanno accettato con determinazione il compito di rappresentare la vita e la tragica morte del loro parroco».
Al corteo commemorativo e alla serata teatrale, oltre alle autorità di Sesto Fiorentino e Calenzano, sarà presente anche una delegazione di Molina di Fiemme, comune in provincia di Trento dove padre Eligio visse gran parte della sua vita, prima di essere destinato alla chiesa in provincia di Firenze.