
Oltre le mura 2025 a Verona
Per gli adulti o quelli che vengono chiamati a svolgere il ruolo di adulti per ragioni anagrafiche non è quasi mai semplice entrare nel mondo della giovinezza. Aspettative, delusioni, differenze, chiusure non consentono un accesso oggettivo o almeno alla pari. Per i gggiovani, comoda bandiera da sventolare all’occorrenza, è difficile non cadere nella tentazione di sfruttare lo stato a volte privilegiato, per le stesse ragioni anagrafiche, piuttosto che essere semplicemente giovani. La tre giorni di cinema “Oltre le mura” organizzata dal Circolo del Cinema di Verona ha offerto un’insolita occasione per provare ad avvicinare i due mondi. Come spiegano gli organizzatori, la scelta nasce dalla volontà di guardare e far guardare cosa succede al di là dei confini geografici di Verona ma soprattutto dell’Italia nel mondo cinematografico attraverso sei film che hanno in comune la voglia, il tentativo, il rifiuto o la necessità da parte di individui in crescita di affrontare esperienze che cambiano la percezione dell’altro da sé e quindi di sé. L’occasione, la seconda edizione delle Giornate del cinema 27-29.05.2025, dove sono stati presentati film in anteprima per Verona ma in qualche caso anteprime nazionali. Rintracciati grazie alla curiosità di volontari del Circolo in vagabondaggio attivo in diversi festival, da quelli più patinati come la Berlinale o Cannes a kernesse più esclusive come Tallin. Tanti gli spunti di riflessione: il rapporto con il corpo, la lettura della realtà circostante, la voglia di diventare protagonisti della propria esistenza o l’illusione di vivere in un mondo a parte, e naturalmente le relazioni: con la famiglia, con gli amici, con il mondo.
Ad aprire la rassegna “Julie ha un segreto” (titolo originale Julie Keeps Quiet), film belga del regista Leonardo van Dij, che senza parlarne tratta un tema ormai diventato quasi scontato ma mai banale come quello delle molestie, in questo caso nel mondo dello sport giovanile. La bravura del regista è proprio nella capacità di far entrare lo spettatore nel silenzio della protagonista, legatissima al suo allenatore che all’improvviso viene sospeso a seguito del suicidio di una sua allieva. Come in ogni ambiente che si rispetti cominciano a diffondersi insinuazioni, mezze frasi. Julie difende il suo mentore, a cui deve la scoperta del proprio talento; lei sa ma non fa nulla per aiutare gli altri individui che popolano il suo mondo a fare chiarezza, anche solo per evitare che possa risuccedere. A ben vedere Julie fa qualcosa che è la sua forma di resistenza silente: colpisce la palla da tennis, per migliorare in particolare due momenti del suo gioco: il servizio e la tenuta a rete. E’ lì la reazione fisica al vissuto.
Il tema delle violenze viene ripreso in una lettura di tutt’altro peso nell’opera del regista colombiano Sebastian Parra R Seed of the Desert. L’esperienza dello stupro subito da suo padre si trasforma in passionale determinazione nella giovane Chelina e nel suo amore, Caviche: insieme devono trovare il modo di pagare l’aborto e proveranno a farlo insieme, con rabbia, scontri. Da loro la speranza di qualche seme in un deserto certo geografico ma soprattutto umano che mette a rischio il viaggio intrapreso per vendere benzina di contrabbando. Difficoltà economiche che anche nel caso di Reinas della regista peruviana Klaudia Reynicke costringono all’abbandono della propria terra una madre e le sue due figlie, Aurora e Lucia, le due regine del papà assente che improvvisamente riappare, reclamando un ruolo di genitorialità proprio nel momento in cui è chiamato a prepararsi alla perdita e all’allontanamento. Ad intrecciarsi con i tentativi delle due ragazzine di conciliare l’amore per la madre (da dimostrare con la partenza) con quello per il riscoperto padre, che vorrebbe tenerle con sé, la macrostoria con la dittatura militare peruviana. Nelle storie che il padre racconta a chiunque incontri, in particolare alle sue due reinas, il tentativo di rappresentare un altro mondo attraverso bugie continue che portano il pubblico a tifare per lui, in particolare quando traducendo una lingua che avrebbe parlato in una sua incarnazione incoraggia i suoi cari “Con i piedi alla terra e gli occhi al cielo“. Meno riuscita la rappresentazione invece del viaggio di Lillian, la protagonista di The Sweet East dello statunitense Sean Price Williams. Dopo aver perso di vista i suoi compagni di liceo durante una gita scolastica, Lillian ci prende per mano in un viaggio attraverso la East Coast degli Stati Uniti, che per chi le vive intorno è tutt’altro che sweet. Stridente la magica e fiabesca capacità o fortuna della liceale nell’attraversare e sopravvivere in situazioni e incontri che metaforizzano i mali del colosso americano e ne incastonano la storia: un gruppo di musulmani che organizzano le giornate con danze indie nella natura, suprematisti bianchi, qomplottisti, insegnanti improbabili.
Lillian vive la sua età ma lo sguardo è quello dell’adulto: cerca di sedurre un docente conosciuto in un raduno di neonazista, diventa una star del cinema perché… recita benissimo se stessa. L’esplorazione passa attraverso citazioni cinematografiche e richiami a vari stereotipi femminili, la principessa, la starlet, la studentessa ingenua ma seducente, cappuccetto rosso. Incredibilmente alla moderna Rossella O’Hara sembra non succedere nulla, grazie al fascino che la sua età esercita su una parte degli adulti a cui si avvicina, quasi interessati a preservare quella diversità. Lo sguardo finale fuori dalla porta verso l’orizzonte non potrà essere però mai quello iniziale.
L’amore adolescenziale, la disperazione, il fantasticare sono alcuni dei temi di Dreams, opera del norvegese Dag Johan Haugerud. Qui è la sedicenne Johanne a raccontare il suo viaggio sentimentale dopo l’innamoramento per una docente molto diversa dal contesto a cui è abituato. Ci sta o non ci sta l’insegnante, così affascinante nella sua personalità originale? L’esperienza vera o immaginaria con l’adulta diventa oggetto di discussione in famiglia e ancora una volta al centro non c’è Johanne con le sue sensazioni ma il vissuto di chi legge il suo racconto. Il vero confronto avviene negli adulti che rileggono il proprio passato più che nell’incontro tra generazioni. E con dispiacere si assiste al passaggio della giovanissima Johanne in un’altra fase, dove si sa che c’è sempre un domani, in questo caso un’altra possibile o la prima esperienza d’amore. Esilaranti e surreali alcuni dialoghi, in particolare tra madre e nonna di Johanne. Fresco, a volte ingenuo, Vampira umanista cerca suicida consenziente della canadese Ariane Louis-Seize. La regista riesce a rendere credibile e accettabile l’esistenza di una famiglia di vampiri, con genitori e parenti vari preoccupatissimi per l’educazione da impartire alla più piccola o meglio meno vecchia, che non vuole crescere e realizzare la sua natura di vampira, determinata a mantenere fermo il suo punto di vista: non si possono uccidere altri esseri umani. Certo deve nutrirsi ma a questo ci pensano i genitori con abbondanti sacche di sangue fino a quando loro malgrado arrivano alla decisione di dover svolgere il proprio ruolo educante e quindi costringere la propria figlioletta a diventare una vampira a tutti gli effetti, autonoma e capace di cercare il proprio cibo autonomamente.
La soluzione al dramma esistenziale della testarda Sasha arriverà attraverso l’incontro con un suo coetaneo dell’altra razza umana, disposto a sacrificare la propria vita che in realtà non apprezza molto.
Le giornate di “Sguardi oltre le mura” concludono la prima parte delle attività annuali del Circolo del Cinema, organizzatore dell’evento in collaborazione con il Comune di Verona, l’Agsm Aim e l’Esu. Nato nel 1947 come altri circoli laici sorti nel Dopoguerra a suggello della riconquistata libertà, il circolo si conferma realtà molto dinamica nella promozione di eventi per la condivisione della Settima Arte, con uno sguardo particolare al pubblico giovane. Tanto da consentire ad under 35 di far parte della giuria per il miglior film nella Settimana della Critica del Festival del Cinema di Venezia. Ad ospitare con ingresso gratuito la tre giorni il cinema Kappadue.