

Inaugurata il 9 maggio un approfondita conferenza e una mostra fotografica sull’Abbazia di San Michele dei fotografi Maria Grazia Dainelli e Carlo Midollini. Il racconto visivo esplora il legame profondo tra l’Abbazia di San Michele Arcangelo a Procida e la sua comunità, attraverso immagini che raccontano la bellezza, la fede e la memoria del luogo.
Il santuario di San Michele Arcangelo a Procida, situato nel cuore di Terra Murata, rappresenta un luogo di grande importanza storica e spirituale per l’isola. Secondo la tradizione, durante l’assedio del 1534/(1535) da parte del pirata Khair ad-Din, detto Barbarossa, San Michele scese dal cielo con la spada di fuoco, mettendo in fuga i saraceni. In seguito a questo miracolo, il culto all’Arcangelo patrono e protettore di Procida, si radicò profondamente nella vita religiosa locale. Nonostante ciò le sue origini non sono del tutto chiare, come sottolinea Michele Parascandolo, il maggiore storico dell’isola alla fine dell’ ‘800. Le prime notizie storiche risalgono al 1026, anno in cui l’Abbazia viene citata in una pergamena che si trovava nell’archivio di San Gregorio Armeno di Napoli, dove si riporta che il monaco Stefano, con il beneplacito dell’abate Leone del monastero di Sant’Angelo situato nell’isola di Procida, vendette una casa a Napoli nel vico Nostriano.
Nel XV secolo, a causa delle incursioni piratesche, i Benedettini abbandonarono l’isola portando via l’archivio con tutti i manoscritti e la chiesa fu dal Sommo

Pontefice secolarizzata, ossia data in commenda a ecclesiastici secolari. Successivamente, Innico D’Avalos ampliò e arricchì l’edificio, trasformandolo in un capolavoro architettonico a tre navate.
Nel XVI secolo ulteriori lavori per impulso del Cardinale Innico d’Avalos, recuperarono e arricchirono l’area conventuale, che ospitò anche una preziosa biblioteca. La biblioteca si arricchì di altri testi con i successori di Innico d’Avalos, tra cui il Cardinale Roberto Bellarmino, di cui sono presenti due suoi testi: Nonae declarationes congregationis S.R.E. cardinalium del 1634 e il In omnes psalmos del 1614.
Il patrimonio librario consta di circa 8000 volumi, in maggioranza testi di teologia, spiritualità, dogmatica, ma anche testi di argomento scientifico, letterario, storico, geografico e un centinaio di manoscritti datati dalla metà del 1500 ai giorni nostri. Di questi ultimi, 134 Testi risalenti al XVI secolo ( il libro più antico è datato 1534), 480 del XVII secolo, 1240 del XVIII secolo, 1700 opere del XIX secolo, e un gruppo consistente di manoscritti musicali di varia epoca. Nei locali sotterranei denominati “catacombe”, anticamente dedicati alla sepoltura dei defunti, i cadaveri venivano calati attraverso botole e adagiati per il naturale processo di decomposizione e mummificazione attraverso l’eliminazione dei liquidi fisiologici. I corpi mummificati venivano, successivamente, depositati nell’annesso ossario. Utilizzato come cimitero fino al 1837, costituisce oggi un importante patrimonio archeologico. Il santuario, tra storia e leggenda, rimane simbolo di fede e memoria storica per Procida, che ogni anno celebra San Michele con una solenne processione, l’8 maggio, portando la sua statua per le strade dell’isola.
Un ringraziamento per la realizzazione della prestigiosa lectio magistralis sul Santuario e per il dialogo tra tradizione, storia, spiritualità e identità, in un contesto di scambio tra Procida e Firenze lungo la Via Micaelica va a: Monsignor Michele Del Prete, Antonio Lubrano, Assante del Leccese, Delegato alla Cultura e tutti i relatori della conferenza oltre ai ragazzi dell’ isola di Misteri per il supporto organizzativo. Ultimi solo in ordine di citazione, ma non certo per importanza, i Comuni e le Associazioni che hanno concesso il loro patrocinio, offrendo sostegno e riconoscimento all’iniziativa.La mostra sarà visibile fino al 31 maggio negli orari di apertura della Chiesa.