
La Giornata della Gastronomia Sostenibile
Qualche ingenuo potrebbe domandarsi perché tra tutte le ricorrenze ed eventi c’è anche il 18 giugno, la Giornata della Gastronomia Sostenibile. Eppure già da tempo si scandagliano le conseguenze che il turismo ha sulle cucine locali, come la strumentalizzazione di prodotti tradizionali adattati al gusto e soprattutto all’occhio di visitatori provenienti da altri paesi. Turistificazione alimentare o gastronomica, gastronazionalismo, food porn sono solo alcune delle espressioni linguistiche coniate per approcciare la problematica.
Andiamo per ordine: la spesa di un turista per mangiare è pari al 30% sul totale del viaggio (fonte Ocse). L’Italia è uno dei paesi che attirano più turisti per il patrimonio artistico e anche per la sua buona cucina. Ma qual è la cucina italiana agli occhi degli altri? O meglio cosa fanno i ristoratori per corrispondere all’idea che all’estero hanno dei nostri piatti? Ciò che fa ogni altro paese: mette in scena anche in cucina l’idea che il mondo si è fatto di lui, azzerando differenze, calcando la mano su alcuni stereotipi culinari, abbassando in generale qualità e gusto, fino a vendere storie sul cibo a volte del tutto inventate a tutto scapito del patrimonio reale anche culinario delle comunità. Tanti luoghi, non solo le grandi città, cedono alla tentazione di proporre sulla tavola pizza (magari con qualche innovazione da pseudo gourmet per giustificare prezzi inversamente proporzionali alla qualità), carbonara, tagliatelle alla bolognese, lasagne e parmigiana, se proprio si vuole osare un bel piatto di gnocchi alla faccia delle tradizioni locali.Essenziale una presentazione a prova di selfie, perché, come scrive Marco D’Eramo nel suo saggio sul turismo Il selfie del mondo, «il cibo va visitato» proprio come un affresco o un antico tempio. Da qui il food porn, la pratica di fotografare e riprendere il cibo che si sta per mangiare (e che spesso non viene affatto gustato) e di condividerne l’immagine sui social, utilizzando filtri, inquadrature e altri strumenti avanzati di editing, con lo scopo di rendere il soggetto più appetitoso e invitante. Il cibo infatti è porn in quanto oggetto invitante e accattivante, seducente al punto da catturare lo sguardo e mantenerlo concentrato su di sé. Quando poi non si abbracciano strategie mirate solo ad acquisire fette di mercato, come la scelta dei vini dealcolati che tanti interrogativi sta suscitando tra gli esperti del settore enologico.
Bisogna poi considerare l’impatto socio-ambientale: in media, l’impatto dei turisti sull’ambiente è stimato essere tre volte superiore a quello generato dai residenti.
Come si concilia tutto questo con la candidatura della cucina italiana a patrimonio cultura immateriale Unesco al pari di Messico, Corea, Francia e Giappone? La procedura avviata nel 2023 dovrebbe portare ad un verdetto per la fine dell’anno. Ad oggi gli alimenti nostrani riconosciuti come patrimonio universale (pizza napoletana, pesto genovese, pane di Altamura) lo sono proprio in ragione di caratteristiche che l’enogastronomia ad uso turistico non sempre è in grado di garantire:
- L’uso di ingredienti freschi e di qualità, spesso a chilometro zero, per garantire sapori autentici e genuini.
- La convivialità con la tavola che diventa luogo di incontro e condivisione.
- Il rispetto delle stagioni, con piatti che seguono il ciclo naturale degli alimenti.
- Il tramandarsi delle ricette, che rappresentano un’eredità familiare e regionale, spesso arricchita da varianti e reinterpretazioni.
Eppure qualcosa per tutelare e salvaguardare realmente i prodotti e la cultura nostrana si muove. In qualche città d’Italia la Giornata della Gastronomia Sostenibile sarà momento per presentare la CarTES (Carta del Turista Enogastronomico Sostenibile), un vademecum ricco di suggerimenti per far sì che il viaggio non sia un danno per l’ambiente e le comunità locali ma un vero momento di scoperta di luoghi, sensazioni, sapori nuovi e di abitudini da portare con sé nel quotidiano. Mangiare alimenti di stagione, a km zero e certificati sono alcuni dei consigli agroalimentari. Vediamo quindi cosa dovrebbero cercare i turisti sostenibili in Veneto nelle pause per rifocillarsi con gusto e responsabilmente. Come riporta il sito della Regione ad oggi sono 413 i prodotti agroalimentari tradizionali, rappresentativi di tutte le province venete (bevande analcoliche, distillati e liquori; carni e frattaglie; grassi; formaggi; prodotti vegetali; paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria; prodotti della gastronomia; preparazioni di pesci, molluschi e crostacei; prodotti di origine animale). Ecco un elenco di quelli inseriti nell’anno in corso: baccalà all’ebraica, bigoli in salsa, bollito alla padovana, brodo de gaina, club sandwich “del Doge“, fegato alla veneziana, folpo di Noventa Padovana (modifica di Folpo alla veneta), nafta, panin onto, tartufi degli Euganei trifolati, zabajon.
Quindi il viaggio enogastronomico in Veneto come in tutte le altre regioni d’Italia avrebbe una sua ragione se ispirato ai principi della CarTES, che invita a fare attenzione alle etichette e alle informazioni legate al tipo di certificazione dei prodotti: DOP e IGP e STG. Se le prime due, DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta) sono ormai abbastanza conosciute, l’ultima, la specialità tradizionale garantita (STG) richiede una breve spiegazione: identifica un prodotto ottenuto con un metodo di produzione, trasformazione o una composizione che corrispondono a una pratica tradizionale o ottenuto da materie prime o ingredienti utilizzati tradizionalmente. Ad oggi sono quattro in Italia i prodotti con il bollino STG: la mozzarella, la pizza napoletana, l’amatriciana e gli ultimi arrivati, forse per questo meno noti, i vincisgrassi alla maceratese. Come si legge nel sito della Regione Marche in riferimento al riconoscimento STG, si tratta di una particolarissima pasta al forno “realizzata principalmente nella provincia di Macerata da quasi 100 anni, costantemente realizzata e tramandata nella tradizione orale. Il piatto è realizzato con almeno sette sfoglie di pasta all’uovo aromatizzata con vino cotto o Marsala DOP, alternate a sugo ricco di carni, di animali da cortile e loro frattaglie, di maiale e vitello, con besciamella e formaggio grattugiato”.
Secondo i dati forniti dall’Osservatorio Ismea-Qualivita, aggiornati al 9 giugno 2025, il Veneto si attesterebbe con 89 cibi e vini al secondo posto in Italia per prodotti DOP IGP e STG. A livello economico, si stima che il settore dei prodotti DOP IGP vale 4836 milioni di euro, con il comparto dei prodotti agroalimentari che pesa per il 9,9% e quello vitivinicolo per il 90,1%.
Vista l’importanza del cibo per ogni essere umano tutte le istituzioni mondiali presentano iniziative a tutela, come l’Unesco che nel 2004 ha lanciato la Rete delle Città Creative, per la promozione dell’utilizzo di energia pulita per i ristoranti locali e la sensibilizzazione dei consumatori. Il turista enogastronomico sostenibile potrebbe diventare la leva per scelte mirate alla tutela del tesoro alimentare e gastronomico locale. Ben 1 turista su 2 vorrebbe proposte green anche in tema alimentare, con degustazioni e pasti a base solo di prodotti locali. La difficoltà è trasformare questo interesse in comportamenti o meglio abitudini da adottare prima, durante e dopo il viaggio. La Carta per il Turista Enogastronomico Sostenibile (CarTES) vuole essere un primo e concreto strumento per consentire ai viaggiatori di fare esperienza dell’enogastronomia nel rispetto dell’ambiente, della cultura e delle comunità locali.