
Nicola Pasqualicchio dialoga con l'artista Sergio Zandonella al Veronetta Contemporanea Festival
Pomeriggio surreale o meglio oniricamente reale ieri al Veronetta Contemporanea Festival, ospitato al Polo Santa Marta di Verona dal 9 al 18 giugno, una sorta di rito sciamanesimo che prende vita dalla dalla curiosa vicenda del Buddha scomparso che ha ispirato il titolo dell’evento: per riaverlo il suo legittimo (!) proprietario sarebbe stato disposto a pagare un riscatto di 4-5 euro ma la trattativa non avrebbe avuto seguito.
L’artista residente e resistente come lui stesso ama definirsi Sergio Zandonella, creatore dell’opera trafugata, a dialogo con il prof. Nicola Pasqualicchio (dell’università di Verona) provoca con ironia a volte anche troppo sottile il pubblico presente (tra cui ancora una volta si fa notare e sentire l’assenza di docenti universitari e soprattutto di studenti e giovani). Il primo contatto con l’artista che sciorina frammenti di cultura, episodi di vita, idealità e dubbi, miti reinterpretati e adattati alla propria concezione di vita e di socialità, è spiazzante ma dopo pochi minuti tutto prende una forma ben concreta quando i presenti vengono guidati a volgere lo sguardo verso uno dei tanti esempi della arditissima politica urbanistica della “città universitaria” di Verona, ovvero verso le fondamenta o i resti della costruzione, secondo le dicerie attuali, di una scuola tecnica in una lingua di terra larga pochi metri tra il Polo e le mura, reinterpretazione della richiesta di farne un auditorium per la città.
Zandonella ha un’idea di luogo urbano a misura di residente responsabile e perciò necessariamente resistente per essere esistente e conservare il diritto a vivere, abitare, sperimentare e modificare il proprio ambiente circostante, per non essere ridotto a semplice city user come già accaduto in altre realtà italiane (e non solo) come Milano. E lo fa non solo a parole ma attraverso opere d’arte contemporanea che in una sorta di ancoraggio miscelano materiali, rifiuti, colori e concetti che riacquistano significato e potenza, fedele all’idea che l’arte per essere tale deve mantenere il suo carattere di libertà (una valigetta alla Duchamp sul palco è la tangibile gabbia dell’istituzionalizzazione) e di provocazione.

Il mercato dell’arte, i luoghi di conservazione, gestiti da figure intente a ordinare, classificare, proporre o imporre chiavi di lettura: ognuno può seguire un filo di riflessione per arrivare a capire e forse condividere la scelta dell’artista di occupare o riappropriarsi almeno temporaneamente di una piccola porzione di prato del complesso Santa Marta per portare avanti la sua opera in fieri, tele in rappresentazione dell’utopica (coloratissima) citta universitaria, forse una magnifica se sponsorizzabile città del sole che come tante altre opere nella città scaligera sarà già del passato se e quando realizzata in futuro. Tra gli ultimi esempi di questo talento scaligero e si potrebbe dire nazionale Zandonella cita il Ponte Nuovo (costato per la ristrutturazione molto più di quanto avrebbe richiesto uno nuovo e non ancora rimesso a posto), la modernizzazione dell’Arena, dove, in attesa dell’ascensore, si possono già ammirare i container posizionati all’esterno.

Ad arginare, prestandosi al gioco dei rimandi dell’artista Pasqualicchio, presente anche in materiale d’archivio proposto dall’ospite e coinvolto in una sorta di esibizione con maschera da leone. Per dirla con le parole di Zandonella: nel vuoto vacuo è in atto uno scontro tra dei e noi, per un sistema di connessioni di difficile comprensione, siamo nell’abisso, destinati inesorabilmente a recitare ognuno per sé il proprio ruolo di carne da macello. Nel frattempo…. esistere o resistere?
La giornata si è conclusa con “Milano, Velodromo Vigorelli, 24 giugno 1965: Delirio Beatles!“, omaggio ai fabulous four che cinquant’anni fa scompigliavano quella che per molti anni avrebbe voluto giocare il ruolo della capitale morale d’Italia e coerentemente continua a rappresentarne soprattutto i vizi come corruzione e speculazione edilizia. David Cremoni (chitarra), Franco Zampieri (voce & electronics), Sbibu (batteria) e Suzi Dal Zen (voce), i Perfect Pair, hanno offerto al numeroso pubblico una convinta e convincente esibizione mentre alle loro spalle scorrevano foto ritraenti 4 cappelloni dall’arrivo alla stazione centrale di Milano alle fans scatenate in grado con le loro urla di sovrastare i suoni non troppo ben sostenuti dal sistema audio del Vigorelli.

A ricreare il contesto di quel periodo e riportare l’incapacità di tanti intellettuali nel capire un fenomeno nuovo che avrebbe cambiato il mondo musicale e culturale

(con poche eccezioni come il mitico Gianni Minà che odorò immediatamente il potenziale dei quattro inglesi) le voci narranti di Mauro Dal Fior e Massimo Totola, il tutto a cura di Giampaolo Rizzetto capace di confrontare ricordi dello storico concerto con uno spettatore, anche lui fiero di essere stato presente ad uno dei due concerti del 24 giugno di cinquant’anni fa. Prossimi appuntamenti oggi per il Veronetta Contemporanea Festival: alle 16:30 spettacolo teatrale di burattini “Pulcinella e le streghe di Benevento e Pinocchio” con Favolavà e alle 18:15 talk “Cosa può fare una sala. Sguardi sulla città dal buio di una sala cinematografica” con Ernesto Bonometti (Ri-Ciak) e Giacomo Mormino (Università di Verona).