
BOLOGNA Arrendersi o perire, così ci regalarono la libertà

Promettenti le premesse. Uno spettacolo con musica e teatro, voci e burattini per portare sul palco la storia della Liberazione dal nazifascismo, attraverso il racconto di uno dei suoi protagonisti meno noti, Antonio detto “Toni” Giuriolo, interpretato da Filippo Plancher. Lo spettacolo è stato scritto appositamente per la rassegna La Musica che gira intorno dalla Scuola Popolare di Musica Ivan Illich e presentato domenica al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, ospitato nel meraviglioso Palazzo Sanguinetti (già Aldini).
Ma… contrattempi della maleducazione. Confondendo i burattini con un’occasione di gioco, per due ore le voci disturbanti di due ragazzini hanno fatto da sottofondo. I genitori? Invece di lasciare liberamente la sala nel rispetto del pubblico e soprattutto degli attori hanno pensato bene di consolare i loro figlioli accarezzandoli e parlandogli. Nella fila opposta una signora ha manifestato il suo dissenso per l’uso di burattini in relazione ad eventi così tragici sbadigliando sguaiatamente per tutto lo spettacolo. Evviva la libertà!
Per dar voce e riportare alla memoria episodi di ottanta anni fa, gli ideatori si sono serviti di fonti storiche, trasmissioni radio, diari e canti intonati dal Coro delle Mondine di Bentivoglio e dall’Hard Coro di Canto Sociale de’ Marchi e i burattini di Maurizio Mantani. A quest’ultimo è toccata la prima parte della storia, più scanzonata e leggera, dando vita con i suoi movimenti a figure ironiche e scanzonate come il camerata fascista, l’ufficiale nazista, avventori del paese che con la spinta di abbondanti bevute si intrattengono su temi di politica interna ed estera, con leggerezza e ironia. E pur rischiando l’arresto per l’elevato tasso alcolemico esprimono tutta la disillusione rispetto alle promesse di Mussolini e alle scelte di politica estera come l’invio di poveracci a sostegno delle truppe di Franco in Spagna. Trasmissioni radio, proclami, dispacci fanno irrompere la Grande Storia nella piccola sala. Lo scoppio della II Guerra Mondiale segna il passaggio dai burattini agli attori.
L’ironia e la leggerezza svaniscono per lasciare spazio a ideali di cambiamento e uguaglianza che si scagliano contro la sempre meno convinta volontà di non retrocedere da parte delle truppe

naziste, mentre gli alleati avanzano nella penisola. Quasi al buio prendono corpo gli ideali di Toni, laureato in Giurisprudenza e disoccupato non avendo la tessera di partito. Capitan Toni fu un vero professore di lettere per i suoi compagni di lotta, riuscì a trasmettere il significato profondo della sua idea di “religione della libertà“. Dopo l’armistizio si impone la scelta: da che parte stare e cosa fare. Toni lo sa e con altri giovani valorosi contribuirà a liberare ampie zone della Toscana fino a morire a 32 anni sul campo di battaglia pur di non abbandonare i feriti. Tra le file degli spettatori prendono corpo battaglie e scontri tra partigiani e nazisti; da una città all’altra dell’Italia settentrionale si rimpallano informazioni e si valuta il da farsi fino all’ordine di insurrezione: Genova, Milano, Parma, Verona, Padova. I tedeschi fuggono e combattono, minacciano di distruggere porti e obiettivi sensibili ma i partigiani non arretrano: “Arrendersi o perire” è l’ultimatum, sanno che non ci si può fidare nel lasciare armi nelle mani degli occupanti stranieri e dei loro complici fascisti.
In campo le tecniche del teatro epico brechtiano per sollecitare una presa di coscienza di quanto accaduto e del costo in vite umane per contrastare un nemico apparentemente invincibile: musica e canzoni, cori da tragedia greca, battaglie in sala con sedie in legno e strumenti musicali usati come armi con il terrificante e alienante costante rimbombo di bombe, in un’allucinogena invadenza di fasci di luci rosse nel buio, come rifiuto dello stile naturalistico e costante affermazione dell’aspetto fittizio della rappresentazione.