
Arbizzano (VR) TekWeek
Evitiamo i malintesi. La TEKweek non è un incontro sull’intelligenza artificiale o altre meraviglie del mondo digitale. Anzi il contrario. Certo ci saranno momenti per cimentarsi nella creazione di podcast o di zine (magazine indipendenti non commerciali autoprodotte e di piccola caratura), ma l’acronimo TEK sta per Traditional Ecological Knowledge e quindi rimanda ai saperi ecologici tradizionali che dopo un percorso di ricerca durato due anni hanno portato al ricchissimo programma della TEKweek, quattro giornate dedicate all’educazione filmica e ambientale. Dal 22 al 25 maggio Villa Arbertini ad Arbizzano, territorio compreso fra la Valpolicella e la città di Verona, ospita il festival, risultato del progetto TEKhnicolor- Traditional Ecological Knowledge & film education. Incontro, scambio, confronto e cambiamento: queste le parole che vengono in mente scorrendo anche rapidamente il ricchissimo programma, che mostra la complessità delle relazioni nel mondo naturale tra animali, ambiente e umani. Proiezioni di film si alterneranno a laboratori ed esperienze nella natura come ad esempio l’avvicinamento al mondo delle api nella giornata di sabato con un doppio appuntamento: l’Apiario sociale a cura della Pro Loco Molina, che propone giochi di ruolo per l’infanzia, la presentazione dell’arnia didattica, libri sul misterioso mondo di questi insetti indispensabili per la nostra esistenza e presentazione della speciale attrezzatura utilizzata in apicoltura e l’Apiario del Benessere, proposta dell’associazione italiana Apiterapia.
I visitatori potranno osservare le api all’interno dei loro alveari grazie all’installazione delle arnie a ridosso di una casetta in legno appositamente progettata, il tutto in totale sicurezza. Un’immersione sensoriale: ascoltare il ronzio delle piccole lavoratrici del miele e e beneficiare dei profumi dell’apiario ricco di resine e olii essenziali. Inaugurazione della mostra Il mondo delle api e aperitivo a base di miele già venerdì. Le giornate della manifestazione vedranno anche la proiezione di film collettivi, realizzati da istituti della provincia veronese, supportati dal collettivo Ezme Film. La produzione filmica è stato un modo per raccogliere buone pratiche e coinvolgere attivamente le giovani generazioni e valorizzare il loro sguardo sul mondo per la divulgazione. “Chi racconterà le storie della Terra?” e “Soprattutto, chi le ascolterà“: questi i due grandi quesiti alla base del coinvolgimento di giovanissimi allo scopo sia di sensibilizzarli all’ascolto e valorizzazione del mondo naturale circostante e alla ricerca e scoperta degli antichi saperi sia di portarli a comunicare per creare audience tra i loro coetanei. La necessità di tramandare: è questa la spinta che ha accompagnato gli ideatori dell’evento nella scelta dei contenuti come dimostrano le parole della botanica e scienziata Robin Wall Kimmerer della Nazione Potawatomi, testimonianza vivente dell’intreccio tra saggezza indigena e scienza: “La nostra relazione con la Terra non può risanarsi se prima non ascoltiamo le sue storie. Ma chi le racconterà?“, scelte per l’apertura della presentazione in brochure.
Al tema della memoria resistente in contrapposizione alla perdita (ecologica, affettiva e cognitiva) è dedicata un’apposita selezione di cortometraggi, animati e in live action: Lose voice Toolkit (presente anche la regista Adele Dipasquale), The Shyness of Trees e Wormwood, con la presentazione anche di uno dei film collettivi realizzati dalle scuole. In un festival che promuove l’arte come strumento per generare nuove immagini in coazione con il mondo dell’educazione, per riportare al centro una pratica di democrazia partecipata non può naturalmente mancare la musica. Attraverso le esibizioni di artisti come Do Vago e Nic T si scoprono ambienti anche sonori incontaminati, fino allo spettacolo di chiusura Unterneath del duo Fossick Projekt domenica presso il Solar Cinema. Gli spettatori potranno perdersi sottoterra come una talpa o come un tardigrado, e scoprire la bellezza del suolo così minacciato dal comportamento dell’uomo e ammirare le capacità di esseri viventi che riescono a vedere nel buio e muoversi scavando, capaci di sopravvivere anche senza acqua e ossigeno. In un percorso che comporta una decentralizzazione dal proprio punto di vista per comprendere il significato dell’interrelazione, di particolare valore la proiezione del film Adieu Sauvage, del regista Sergio Guataquira Sarmiento (presente in sala). Girato da un discendente di una comunità indigena colombiana quasi estinta, il film nasce da un’indagine sui motivi alla base di un’ondata di suicidi in un villaggio indigeno colombiano, per diventare un viaggio alla ricerca della propria identità e un’affermazione di diritto alla diversità, temuta o svalorizzata perché non compresa. Il lungometraggio infatti scardina la convinzione dei “bianchi” in Colombia, che l’indio dell’Amazzonia non provi nulla perché nella sua lingua non ci sono parole per esprimere i sentimenti.
Il regista smentisce alle fondamenta tale convinzione attraverso la ricerca e la relazione: dopo aver conosciuto personalmente i Cacua dà voce alle loro emozioni e soprattutto alla loro solitudine.