
Intrigante connubio sacro e diabolico alla Basilica di San Zeno a Verona. Per addentrarsi in uno dei luoghi più misteriosi e ricchi di episodi storici della città scaligera basterà partecipare al tour guidato organizzato dall’associazione Ippogrifo domenica 9 marzo. Appuntamento alle 15 davanti alla facciata dopo aver prenotato la visita guidata. Il costo del biglietto è pienamente rimborsato dagli innumerevoli tesori artistici e storici presenti nel luogo.
Già da un primo sguardo si possono individuare i segni del diavolo: nella facciata dalla semplice struttura “a capanna” tipica dello stile romanico e sopra l’ingresso. Si possono cercare le unghiate all’interno nella vasca in porfido rosso all’inizio della navata sinistra della Basilica dedicata peraltro ad un santo, il moro San Zeno, patrono di Verona, riconosciuto sia per i miracoli compiuti ma anche per le sue battaglie contro il demonio, tanto da essere ritenuto il più grande esorcista del suo tempo. Tra i successi ascrittigli la liberazione di una donna dal male. L’episodio sarebbe riportato in una formella tra quelle visibili sul portale dove il santo è raffigurato nell’atto di estrarre il demonio dalla bocca di un’ossessa.
Ma la basilica è molto più di questo, un intreccio di arti dalla scultura alla pittura alla letteratura, di realtà sociale e storica e leggenda.
Per gli amanti dell’arte già il portale in bronzo è una prima chicca a cui si aggiungono la pala rinascimentale, capolavoro del Mantegna, e le opere di altri artisti meno famosi ma di grande maestria.
E se ciò non bastasse si può sempre apprezzare il falso “reperto” medievale, diventato un appuntamento fisso proprio in quanto non autentico.
La chiesa offre molti altri spunti storici e sociali per i visitatori in un vero e proprio gioco di rimandi. Come spiegano gli organizzatori è la chiesa che suggerì a Barbarani “lassa che i zuga. Dopo i morirà!”, che ispirò a Carducci la leggenda di Re Teodorico, è la chiesa dove secondo alcune fonti nacque il più antico carnevale d’Italia e degli gnocchi, è il luogo dove fu rapito San Pietro, restituito San Zeno, sepolto un Re, parcheggiato il Carroccio. Anche il sommo poeta, che visse a Verona per almeno sette anni durante l’esilio da Firenze, dedica dei versi della Divina Commedia alla basilica. Nel XVIII canto del Purgatorio Dante incontra l’anima di un vecchio abate dell’abbazia di Verona, che gli racconta la grave colpa di Alberto della Scala nell’aver messo a capo dell’abbazia il suo figlio illegittimo “mal del corpo intero, e de la mente peggio, e che mal nacque”. Riferimento inequivocabile nel chiostro di San Zeno dove è presente il sarcofago di un vecchio abate con lo stemma dei della Scala. Nel corso dei secoli la basilica ricoprì varie funzioni: da fortezza a porto commerciale, a foresteria per i pellegrini e albergo per imperatori scomunicati, scriptorium, biblioteca.